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Crotone, Festa della Madonna di Capocolonna

Le origini del pellegrinaggio a Capocolonna

Il Pellegrinaggio  risale a molti secoli addietro.

Non si conosce con certezza la data di inizio storico del pellegrinaggio, ma comunque si è a conoscenza di un documento, conservato in Vaticano, ove si accenna ad una processione, in partenza dalla città Jonica.

Il documento reca la data del 1607. Per chi ama la storia ne riportiamo un brano: Poiché per chiede la pioggia, il Capitolo ed il clero della Cattedrale di Crotone suole portare in processione una certa devota Immagine della Madonna ad un certo luogo distante della città predetta 8 miglia e le Confraternite ed il Clero di diversi luoghi vicini sono soliti convenire alla detta processione, accade che nel passato mese prossimo di aprile, si facesse la suddetta processione e alla stessa si associassero tra gli altri il Capitolo il Clero e le Confraternite della terra di Cutro, diocesi di Santa Severina e successivamente sopraggiunsero il Clero, il Capitolo e le Confraternite della Cattedrale di Isola”.

Con un editto datato 1 maggio 1844, l’allora vescovo Mons. Leonardo Todisco Grande, per la prima volta disciplina la festa e il pellegrinaggio della Madonna. Todisco Grande scrive in premessa che da anni gli venivano rivolte suppliche e petizioni per far sì che il Quadricello venisse “Processionalmente” portato da Crotone alla Cappella di Capocolonna. Accogliendo tali pressanti richieste il Vescovo fissa una serie di articoli per disciplinare il secolare culto, la pratica devozionale e la processione.

 

Tratto da "La Madonna Colonna di Crotone. Storia e pietà mariana dalle origini ai giorni nostri" a cura di don Bernardino Mongelluzzi - Rettore del Santuario della Beata Vergine Maria di Capocolonna

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Fin dalle origini la devozione appariva, pur nella sua unitarietà, spezzata in due grandi momenti, rappresentati: il pellegrinaggio ordinario che ancora oggi si svolge con cadenza annuale e in cui avviene il trasporto da Crotone a Capocolonna del cosiddetto “Quadricello” o quadro piccolo, vale a dire una riproduzione in miniatura su tavola dell’Icona originale ed il Pellegrinaggio settenario, di carattere straordinario, conosciuto come processione della festa grande.

Dalla corrispondenza burocratica fra diocesi locale e autorità del Regno delle due Sicilie si desumono alcune informazioni sulla settenarietà della vera festa della Madonna. Un sottointendente della polizia, il 27 marzo del 1837 scrive al Vescovo: Monsignore, la deputazione della Cappella della SS.ma Vergine del capo Protettrice di questa città desidera il permesso superiore di trasportare processionalmente, siccome è solito nella terza domenica del prossimo maggio il piccolo quadro della lodata SS.ma Vergine dal Romitorio di Capocolonna, il che deve avvenire per necessità di giorno attese la distanza in cui resta da questa città. Desidera altresì di eseguire la processione del quadro grande che per costume suol farsi ogni sette anni e che da qui di sera e ritorna la sera del  di seguente”.

Ma accanto a questa interpretazione che enfatizza gli aspetti concreti del trasporto è corretto anche richiamare l’attenzione sul significato simbolico del settennato.

In molte culture il sette è considerato il numero sommario del cielo e della terra essendo il tre espressione celeste e il quattro terrestre. Noi sappiamo che il settenario gioca un ruolo fondamentale nella vita religiosa e nella ritualità di tanti popoli, soprattutto del Mediterraneo. Questo aspetto è rimasto per lungo tempo sommerso, inspiegabilmente rimosso, fino a che Mons. Giuseppe Agostino in una ormai storica Lettera Pastorale, appositamente dedicata a “La festa settenaria” primo tra i pastori di Crotone avanza una calzante interpretazione che certamente contribuisce a caricare di più alto significato simbolico e culturale la distinzione tra la festa piccola e quella grande:

Il popolo santo di Dio, a Crotone, celebra il mese di maggio in modo sentito. Ma, da antichissima tradizione, vi è l’uso di solennizzare, nel ritmo degli anni, il “settenario”. Perché? Non vi è, solamente, una ragione estrinseca, cioè “festaiola”, ma vi è, ritengo, una motivazione molto profonda. Cerco di spiegarlo. Ricordate che, nel comando del Signore, il “settimo giorno” è benedetto sacro (cfr. Esodo 20,11). Il sabato, che era il “settimo giorno”, ora compiuto nel nuovo giorno, memoriale della Pasqua del Signore, che è la Domenica, deve essere sempre più riscoperto e vissuto… Ma nella Bibbia il culto del sabato è talmente vivo che, assieme alla santità del “settimo anno”. Dice il libro del Levitico: “il settimo anno sarà un sabato, un riposo assoluto” (25,4); E’ l’anno del riscatto (25,23) è soprattutto della ricomposizione di tanti rapporti (25,25 ss); in una parola è l’anno della “riconciliazione”.

Un tempo, la processione, dopo aver attraversato le principali piazze dell’attuale centro storico, sostava per qualche giorno nel Monastero di S. Chiara, per poi discendere sulla rotabile costiera ed avviarsi lentamente su piste di pascolo, veri e propri tratturi, segnati dai carri e dalle greggi, tra i calanchi d’argilla. Il pellegrinaggio, avendo in sè senso simbolico e significato biblico-teologico, ha rappresentato nella vecchia Crotone il momento più alto della vita pubblica, la rassegna più significativa del cuore popolare, della sofferenza personale e dell’inesausto bisogno collettivo.

 

 

Capocolonna tra storia e leggenda

Relativamente alla sacra Icona, nei secoli si è sviluppata una tradizione popolare, non sempre criticamente fondata, in ogni caso intrecciata a dati storici precisi.

Si racconta che l’Immagine sia stata portata a Crotone da San Dionigi, il convertito da Paolo, che fu primo Vescovo della città.

Secondo questa tradizione il dipinto sarebbe opera dell’Evangelista Luca.

Si tramanda che San Luca sapesse tracciare immagini della Santa Vergine. Una di queste fu dipinta in questi luoghi e, come racconta la leggenda popolare, Luca la disegnò a Capo Lacinio, raffigurando Maria di Nazareth nel sublime atto materno di allattare il Figlio. L’ Evangelista voleva dare a quel volto una più profonda espressione di vita, di soavità e di mistero. Lo colse un sonno intenso, che lo accasciò accanto al suo lavoro. Al risveglio si accorse con grande stupore, che gli occhi ed il viso della Vergine erano compiuti, proprio come aveva immaginato.

Passano gli anni e Dionigi l’Areopagita, neofita cristiano, raccoglie la Santa Immagine portandola nello spazio del grande tempio di Hera Lacinia sul promontorio di Capocolonna. Nel silenzio di una scena irreale, laddove per sei secoli si svolse il culto dalla Dea pagana, la storia ricominciava nella versione nuova della speranza cristiana.

Certo, il racconto è leggendario.

 

Tratto da "La Madonna Colonna di Crotone. Storia e pietà mariana dalle origini ai giorni nostri" a cura di don Bernardino Mongelluzzi - Rettore del Santuario della Beata Vergine Maria di Capocolonna

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La prima fonte da cui si possono attingere delle notizie e cronache per una più puntuale ricostruzione storica, è costituita da un documento: il manoscritto di Giovanni Cola Basoino, Canonico della Cattedrale, nel 1598.

In questo reperto si fa menzione di una data: il 1 giugno 1519, giorno in cui i Turchi sbarcano a Capocolonna, conquistando il promontorio.

 

I contadini di quel piccolo borgo agricolo non riuscirono a mettere in salvo la sacra Icona della Madonna. I Turchi, allora, se ne impossessano e tentano di bruciarla, improvvisando un rogo.

Ma il fuoco, nonostante fosse acceso per tre ore, non scalfisce l’immagine da cui, di rimando, sprizzano raggi luminosi.

Così, decidono di portare via il quadro facendo rotta per la foce del Neto. Qualcosa non va per il suo verso.

La galea rimane ferma nonostante il tremendo sforzo dei rematori. E solo quando gli incursori gettano in mare il quadro, la barca si muove nuovamente.

La tela, galleggia sulle onde e si adagia sulla riva di un piccolo promontorio d’argilla, a poche centinaia di metri dal Capo delle Colonne, in località detta “Irto”.

Ma chi rinvenne quella miracolosa tela?

Fu un vecchio pescatore e contadino, di nome Agatio Lo Morello, che recuperò l’immagine, nascondendola in una cassapanca della propria povera casa. Passò del tempo, fin quando, giunto in punto di morte, a causa di una terribile malattia che gli tolse vista e udito, il povero Lo Morello, raccontò il segreto al suo confessore.

La prima notizia certa della presenza del quadro della Vergine nella Cattedrale si ha sotto Mons. Antonio Sebastiano Minturno che fu Vescovo dal 1565 al 1574 il quale ordinò che ogni sabato si cantasse nella cappella della Madonna l’ufficio della vergine con le litanie Lauretane.

Il 28 febbraio 1579 Papa Gregorio XIII dichiara privilegio l’altare della Madonna.

Questo documento Pontificio è la fonte più antica che si riferisce alla Madonna.

L’atto è di grande importanza poiché indica una data che attesta ufficialmente l’origine del culto: il 1579.

 

 

Le origini della immagine della Madonna di Capocolonna

La veneratissima immagine della Madonna di Capo Colonna, rappresentata in piedi mentre allatta il Figlio, ha una storia meno remota ma più complessa e interessante di quanto comunemente si creda.

Il furto sacrilego

La notte tra il 13 e il 14 ottobre 1983 ignoti profanarono l’icona della Madonna di Capo Colonna, simbolo della fede e della tradizione religiosa di Crotone, rubando i gioielli da cui era adornata.